lunedì 17 settembre 2012

Il Pinot Nero Pas Dosé Nature
di Monsupello:
appunti dalla serata del 19/07/2012

Spumeggiante! In che altro modo si potrebbe definire una serata con le bollicine di Monsupello, due personalità estrose come Carla Boatti e il figlio Pierangelo, più Franco Ziliani, il “franco tiratore”? Aggiungete Paolo Camozzi di Slow Wine, Tommaso Farina, Mauro Giacomo Bertolli di Italia del Vino, Danilo Gatti di Emicranie, Mirella Vilardi di Oltre, gli enologi Giuseppe Zatti, Jean François Coquard e Mario Maffi, il Prato Gaio pieno (quasi 50 persone presenti), un’atmosfera elettrica e qualche bottiglia fuori programma, e avrete la cifra del secondo appuntamento di OltreLaStoria. Anche questa volta ci ha fatto molto piacere la presenza di numerosi produttori dell'Oltrepò Pavese (ben tre generazioni, da Gianluca Ruiz De Cardenas ai giovani di Win(e) for Life, passando per Stefano Milanesi).

A mettere ordine, perlomeno all’inizio, ci pensa Marco Bertelegni, il giovane e bravissimo enologo dell’azienda, che ha presentato il vino da un punto di vista tecnico, sottolineando gli accorgimenti in vigna e in cantina che testimoniano la ricerca della qualità da parte di Monsupello (dalla vendemmia manuale in cassetta alla pressatura delle uve con rese pari al 44/48% di mosto fiore, dall’inibizione della fermentazione malolattica al rifiuto di utilizzare carbone decolorante). La storia del Nature Pas Dosé è strettamente legata alla figura di Carlo Boatti, che nel 1959 prese in mano le redini dell’azienda di famiglia, esistente dal 1893, indirizzandola verso una produzione moderna e di qualità. Ci racconta la signora Boatti che la sperimentazione del Metodo Classico di Monsupello cominciò nel 1980, quando Carlo Boatti si recava periodicamente presso la Cantina La Versa con una damigiana, che si faceva riempire di lieviti in fermentazione per poi inocularli nelle sue basi di pinot nero.

Nel 1982 la prima bollicina di Monsupello a uscire sul mercato sarà proprio il Nature Pas Dosé, con una scelta che scommetteva sulla qualità assoluta del proprio pinot nero, rinunciando alla liqueur d’expedition La gamma di Metodo Classico dell'azienda si arricchirà nel tempo di altre quattro etichette: il Brut, il Brut Millesimato, la Cuvée Cà del Tava e il Brut Rosé.

Nella sua storia trentennale il Nature di Monsupello è diventato senza dubbio un caposaldo della produzione spumantistica oltrepadana, mostrando una costanza qualitativa che è valsa all'azienda di Torricella Verzate numerosi e prestigiosi riconoscimenti: nel 2001 per esempio è stato il primo vino oltrepadano in assoluto a ottenere i Tre Bicchieri sulla guida Vini d'Italia del Gambero Rosso (risultato confermato in seguito altre quattro volte).

Il Nature Pas Dosé, che nasce da uve pinot nero (90%) e chardonnay (10%) provenienti da terreni argilloso-calcarei con esposizione sud-est, poco concede alla beva facile e "comoda". Pur essendo non dosato, ha una morbidezza tutta sua, data non tanto dalla presenza di chardonnay, quanto dalla sapiente scelta delle uve, e dalla vinificazione. Il nerbo e la forza del pinot nero si fanno comunque sentire eccome, con acidità da montagna di Reims e struttura importante. Nel corso degli anni questo Metodo Classico è cresciuto in maturità e consapevolezza, arricchendo il bouquet di sfumature minerali e floreali, fino a renderlo un punto di riferimento non solo tra le colline dove nasce.

Come d’uso in questo genere di degustazioni, con lo stuzzichino, composto da una strepitosa pancetta stagionata due anni, si parte con l’annata più giovane, quella attualmente in commercio, ossia il Nature della vendemmia 2009 (sboccato nel maggio 2012). In etichetta il vino non riporta il millesimo, ma l’azienda conserva saggiamente un archivio di bottiglie suddivise in base alla vendemmia. Questo Metodo Classico, dagli inconsueti riflessi ramati che ne esaltano l’essenza di pinot nero, si esprime con energia scalpitante, joie de vivre, nerbo: è teso, consistente, con ricordi al naso di agrumi e pesca, una lieve nota minerale, e una bocca convincente, salda, ben sostenuta da un perfetto tono acido verso un finale di grande persistenza.

A differenza della prima serata, abbiamo deciso di degustare ciascuna bottiglia dopo il piatto cui è stata accompagnata, così da poter valutare anche l’abbinamento, che in questo caso si è rivelato più che azzeccato. Arriva l’antipasto, i farsulè di melanzane viola al profumo di maggiorana, delicato e intenso al tempo stesso, proprio come il Nature della vendemmia 2006 (sboccato nel giugno 2010). Marco Bertelegni ha in serbo però un fuori programma e stappa à la volée anche alcune magnum di 2006. Il maggior tempo di sosta sui lieviti e il formato magnum (l’esperienza personale mi porta ad affermare che il magnum sia il formato ideale per il Metodo Classico e non solo) giovano assai al Nature 2006. Non ha perso in vitalità, pur avendo guadagnato in maturità: le note fruttate sono più evolute, il colore mostra riflessi dorati, la beva è complessa senza stanchezza: probabilmente l’assaggio migliore della serata.

La discussione si anima, placata dall’arrivo degli gnocchi di patate con baccalà, pomodoro, cipollotto e olio extravergine d'oliva. Un piatto più variegato e complesso che richiede una bottiglia all’altezza: il Nature della vendemmia 2004 (con sboccatura maggio 2008). I quattro anni dalla sboccatura cominciano a farsi sentire: si esalta la mineralità, la finissima bollicina è un po’ più rarefatta, alla cieca potrebbe essere preso per un francese di livello. La tenuta nel tempo è comunque ammirevole.

È tempo del clou della serata: un Nature della vendemmia 2002 ancora sui lieviti, che presto uscirà sul mercato come Riserva Carlo Boatti. In questo millesimo - precisa Bertelegni - la metà della percentuale di chardonnay aveva fatto un passaggio in legno, a differenza degli altri Nature degustati. Mentre la faraona disossata ripiena stimola le papille gustative, Bertelegni ha già sboccato con maestria à la volée le bottiglie. Ma in questo caso, con lo spumante che giace ancora sur lie, la tecnica lascia lo spazio all’emozione e alla commozione del ricordo di Carlo Boatti, un uomo che amava le sue vigne più di se stesso.

Quel che segue è show: prima che Giorgio Liberti serva la pesca al forno con gelato all’amaretto, Pierangelo Boatti apre una magnum del suo eccellente Rosé, Franco Ziliani fa le pulci all’Oltrepò vitivinicolo (e non è che abbia sempre torto), Mario Maffi, enologo di Montelio e memoria storica oltrepadana, dice la sua sulla degustazione, l’atmosfera effervescente stimola dibattiti e discussioni, i presenti si dimostrano più che soddisfatti del mix.
Eh no, quella con Monsupello non poteva decisamente essere una serata normale.

Francesco Beghi

Ringraziamo Mauro Rossini e Marco Bertelegni per le fotografie