mercoledì 28 gennaio 2015

La Bonarda Fatila
di Vercesi del Castellazzo:
appunti dalla serata
del 14 novembre 2014

Tempo di Fatila! Non poteva mancare questo grande rosso oltrepadano, nato nel 1961 come chi vi scrive, la migliore annata del XX secolo peraltro, nelle serate di OltreLaStoria. Una Bonarda, ebbene sì. Una Bonarda in purezza che da decenni rappresenta il vino di punta dell’azienda Vercesi del Castellazzo, il cui Castellazzo – appunto – domina il borgo di Montù Beccaria regalando meravigliosi scorci di Valle Versa e Pianura Padana. Una Bonarda, ovviamente ferma, ovviamente invecchiata in botti di legno, proveniente dalla parte più alta del vigneto Pezzalunga. Una Bonarda di cui non è stato facile scegliere le quattro annate per la serata, vista la personalità e la peculiarità di quasi tutte quelle assaggiate. Decidiamo quindi di escludere le annate più giovani, visto ciò che sono in grado di offrire le più vecchie tra quelle disponibili.

Eccoci dunque qui, per la quindicesima volta, al ristorante Prato Gaio, a scorrere indietro nel tempo e nella storia dell’Oltrepò vinicolo, come vuole il nostro nome stesso, alla scoperta di ciò che possono riservare vecchie bottiglie non più in commercio, rimaste in certi casi in poche decine di esemplari al sicuro nelle cantine del produttore.

Ristorante pieno anche questa volta, segno che la nostra iniziativa riscuote ormai costante interesse. A rappresentare l'azienda sono Gian Maria Vercesi (titolare insieme al fratello Marco) e l'enologo Aldo Venco, mentre fra il pubblico rivediamo con piacere Paolo Camozzi di Slow Wine e Maria Pia Zavatarelli, docente dell'ONAV di Pavia. Attirare la curiosità di addetti ai lavori e appassionati sulla complessa realtà dell'Oltrepò Pavese è uno dei nostri obiettivi e per questo siamo stati davvero contenti della visita di Marco De Tomasi, titolare del blog Vitis - Libere cronache di degustazione che, cogliendo l'occasione dell'invito di OltreLaStoria, si è mosso dal Veneto per una due giorni di full immersion enoica in terra oltrepadana.

Dopo attenta riflessione, studiando il menu – piuttosto impegnativo, come si conviene a un vino di tal fatta – decidiamo per la prima volta di condurre la verticale "alla francese", ovvero partendo dall’annata più vecchia per arrivare a quella (relativamente) più giovane; questo perché, anche per via degli andamenti climatici degli ultimi decenni, il Fatila, con l’esposizione del vigneto in pieno sud, è andato sempre più irrobustendosi, anche a livello di gradazione alcolica, senza tuttavia perdere quell'eleganza che lo contraddistingue e che, va detto, è abbastanza inusuale nei vini ottenuti da croatina in purezza.

Andiamo a incominciare, dunque, con il Fatila 1996 che accompagna la zuppa di ceci con costine di maiale. Etereo ed elegante, porta benissimo i suoi diciotto anni, appena accennati nel colore tendente al granato: difficile dire se e quanto terrà ancora, intanto però ce lo godiamo en souplesse, anche grazie all’abbinamento più che azzeccato.

Sullo strepitoso risotto con salmì di lepre – applausi a Daniela Calvi – arriva il Fatila 1999: annata più vigorosa, frutto più carnoso, un vino decisamente più aggressivo in cui i tannini sembrano ancora aver bisogno di essere domati. Suona strano per una Bonarda di quindici anni, ma si direbbe che abbia ancora margini di evoluzione.

Il Fatila 2000 accompagna l’anatra arrosto ripiena. Altra annata energica, in cui i tannini sembrano però maturati in modo più armonico: un vino che ha classe ed eleganza da vendere, e si sviluppa con equilibrio ed armonia encomiabili, offrendo al naso e al palato una grande varietà di sensazioni (prima frutta rossa matura, poi via via inchiostro, pepe, liquirizia e prepotenti note balsamiche). Ha tutta l’aria di essere giunto all’apice della maturazione e di volerci rimanere tranquillo e beato per un sacco di tempo. Fanno piacere i commenti soddisfatti che si alzano dai tavoli.

Infine, il Fatila 2003: l’annata torrida che spesso inseriamo nelle nostre verticali proprio perché abbiamo avuto modo di riscontrare come, lavorando bene, si siano potuti ottenere vini non stracotti anche da un millesimo del genere. Certo, accanto a intriganti note balsamiche e di frutta candita, qualche sensazione di sovramaturazione nei profumi c’è, la gradazione alcolica è alta, il vino è massiccio e potente ma tutt’altro che seduto, ha nerbo e vigore, forse non avrà la capacità di reggere altri dieci anni – e sottolineiamo forse – ma tutto sommato cosa importa, è buonissimo ora che ne ha undici e si abbina alla perfezione alla pernice di manzo stufata al vino rosso con polenta.

Mentre ci godiamo la zuppetta tiepida di cachi con gelato alla cannella e infusione al cioccolato fondente, si sprecano le considerazioni sui livelli che può raggiungere il vitigno croatina quando doverosamente trattato: il Fatila ne è luminoso - e fortunatamente non unico - esempio oltrepadano.

Francesco Beghi

Ringraziamo Mauro Rossini per le fotografie