lunedì 3 ottobre 2016

Il Riesling Gli Orti
di Frecciarossa:
appunti dalla serata
del 27/05/2016



L’elemento fondante delle serate di OltreLaStoria è l’andare indietro nel tempo, andando a scavare nelle cantine delle aziende che hanno sì una storia ma anche, necessariamente, uno storico (purtroppo le due cose non vanno sempre di pari passo). E talvolta, in questo storico, ovvero nelle bottiglie di vecchie annate saggiamente conservate come si deve, si pescano autentiche perle. D’altra parte, il nostro scopo è proprio quello di smentire chi afferma che l’Oltrepò Pavese è terra di soli vini giovani, frizzanti, di pronta beva. Quando ciò avviene con i vini bianchi, oltretutto, la faccenda si fa ancora più interessante, dato che in Italia non c’è una cultura del vino bianco da invecchiamento come, per esempio, in Francia, Germania, Austria e in taluni Paesi dell’Europa Orientale.


Questo è successo con Frecciarossa, azienda già protagonista di una serata con il suo pluripremiato Pinot Nero Giorgio Odero, che però vanta anche una solida tradizione per quanto riguarda la coltivazione del riesling renano, ovvero di quello che per molti – me compreso – è il vitigno bianco più affascinante in assoluto.


Potete leggere qui la storia completa raccontata da Roger Marchi. Undici annate di Riesling assaggiate in azienda, retrocedendo fino a 25 anni fa, non è cosa che avviene tutti i giorni. E non semplice la scelta delle quattro annate da presentare per la serata.


La serata, appunto. A mano a mano che arrivano gli ospiti, si inizia con un aperitivo, I Moschettieri, affilato Metodo Classico Pas Dosé lui, invece, messo in produzione e in commercio da pochi anni. Abbiamo così il piacere di ritrovare Antonio Morra del Corriere della Sera e Paolo Camozzi di Slow Wine, e di conoscere Alessio Turazza del Gambero Rosso, il delegato AIS di Milano Hosam Eldin Abou Eleyoun e Amalia della Gatta, addetta alle pubbliche relazioni di AIS Milano. Non ha potuto essere con noi, invece, Armando Castagno che ha però degustato successivamente in azienda 16 annate del Riesling Gli Orti, descritte splendidamente in questo articolo apparso su ViniPlus di Lombardia nel settembre 2016.


Ci si accomoda a tavola e, dopo le presentazioni di rito, con le generazioni della famiglia Odero, da Margherita a Valeria, a narrare le vicende dell’azienda e del riesling nello specifico, è subito duls in brüsc, uno dei capisaldi della cucina del Prato Gaio. Ad accompagnarlo Gli Orti 2013, ricco, opulento, ancora esuberante di giovinezza, con le sue note di erbette di campo, frutti tropicali, agrumi, frutta bianca e richiami floreali. Un abbinamento che regge, considerata la natura agrodolce del piatto.


La seconda annata proposta – Gli Orti 2011 – non è dissimile dalla precedente per quanto riguarda gli aromi di base, che ritroviamo ovviamente più evoluti: dal colore limpido e dorato, tornano le erbe aromatiche, la frutta tropicale quasi candita, gli agrumi, comincia ad avere accenni di idrocarburo mentre in bocca è solido, corposo, materico, figlio dell’annata calda e regolare che non gli ha tolto però troppo nerbo. Un bel compagno per la crema di cipolle bianche con baccalà, capperi e salsa di acciughe, piatto dagli aromi variegati così come il vino.


Proseguiamo con Gli Orti 2008, una versione che, nonostante gli otto anni di età, mantiene al naso la freschezza degli agrumi e del sottofondo balsamico, integrati da sentori più evoluti di fieno e miele; sapidità spiccata all’attacco in bocca, pienezza centrale e buona persistenza finale, forse fin troppo sostenuto per un piatto abbastanza delicato come il risotto alle erbe di campo.


La faraona disossata ripiena – un altro classico più volte proposto nelle nostre serate – viene servita con Gli Orti 2002, la prima annata a chiamarsi così, che vide inoltre il restyling dell’etichetta. Annata ovunque ricordata per il clima freddo e piovoso, che noi abbiamo spesso proposto nel corso delle nostre serate proprio per sfatarne la fama di annata “disgraziata”; certo difficile da gestire per i vignaioli, ma sorprendente per i risultati raggiunti in Oltrepò e per la inaspettata longevità che dimostrano certe bottiglie. Non fa eccezione questo Riesling, maturo, profumato di nocciola, salvia, ancora le erbe aromatiche a fare da fili conduttore, e poi frutta candita, sapidità e note più marcatamente minerali che idrocarburiche.



Come extra, prima di chiudere in bellezza con la zuppetta di ananas profumata allo zenzero, un salto indietro nel tempo che ha quasi dell’incredibile: il Riesling 1990. A Cristiano Garella, giovane enologo della squadra di Frecciarossa, l'onore di aprire tre delle pochissime le bottiglie rimaste: il pepe bianco e la salvia al primo naso, poi il minerale e le erbe, il muschio, come sassi levigati di un ruscello di montagna, la bocca ancora appagante, sapida, viva, un prodigio di longevità.

Francesco Beghi
Ringraziamo Mauro Rossini per le fotografie















martedì 27 settembre 2016

7 ottobre 2016:
il Brut Millesimato
dell'azienda Monsupello
di Torricella Verzate



"Che cos'è la vita se non spumeggia il vino?", recita il titolo di un libro di Fabrizio Bernini sulla storia della vitivinicoltura in Oltrepò Pavese. E dunque, nel primo appuntamento della stagione 2016-2017, a OltreLaStoria torneremo a degustare le bollicine dell'azienda Monsupello di Torricella Verzate, celebrando la qualità del Brut Millesimato. Questo Metodo Classico della famiglia Boatti, infatti, ha da poco aggiunto al suo già ricco palmarès un ulteriore riconoscimento, ottenendo per la quarta volta i Tre Bicchieri del Gambero Rosso. In pieno accordo con l'azienda, abbiamo deciso di comporre la nostra verticale con tutti e quattro i millesimi premiati con i Tre Bicchieri nel corso degli anni. Ad aggiungere ulteriore carattere di eccezionalità alla serata ci penserà Marco Bertelegni, bravissimo enologo di Monsupello, con una sorpresa.


Scrivendo di Monsupello, è sempre doveroso ricordare la figura di Carlo Boatti. Scomparso nel gennaio del 2010, Boatti è stato artefice della crescita dall'azienda di Torricella Verzate nella seconda metà del Novecento. È sua, infatti, all'inizio degli anni Ottanta, la decisione di puntare sul Metodo Classico e di perseguire la via della qualità assoluta, scelte che faranno di Monsupello uno dei marchi di riferimento della spumantistica oltrepadana e nazionale. Nel 1984, su impulso di Boatti, nasceranno il marchio collettivo Classese e la relativa associazione per identificare, tutelare e promuovere il Metodo Classico dell'Oltrepò Pavese. Negli anni, tuttavia, l'associazione perderà di importanza e dal millesimo 2008 il marchio Classese scomparirà dall'etichetta del Brut Millesimato, che adotterà l'indicazione generica VSQ come gli altri Metodo Classico di Monsupello.

Ecco, infine, il menu proposto da Giorgio Liberti e Daniela Calvi.

Venerdì 7 ottobre 2016 - Ore 20.30
Il Brut Millesimato di Monsupello:
verticale di quattro annate


Insalata tiepida di baccalà, patate, ceci,
porro croccante e olio al ginepro
Brut Millesimato VSQ 2011

Farsulè di robiola di capra con fonduta di pere
Brut Millesimato VSQ 2008

Tortelli di zucca, amaretti e mostarda di Voghera
con funghi porcini freschi
Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero DOC
Classese Brut Millesimato 2006


Faraona disossata
con ripieno tradizionale della Valle Versa
Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero DOC
Classese Brut Millesimato 2004


Zuppetta di cachi
con infusione di cioccolato fondente e gelato alla cannella

La serata è proposta a 50 euro (tutto compreso).
I posti sono limitati e la prenotazione è indispensabile.
Per informazioni e prenotazioni: 0385.99726 (Ristorante Prato Gaio).

OltreLaStoria è un progetto di Matteo Berté, Francesco Beghi, Giorgio Liberti e Roger Marchi.

Roger Marchi

martedì 26 luglio 2016

I vini da uva mornasca
dell'azienda Cascina Gnocco
appunti dalla serata del 26/02/2016

La ventesima serata di OltreLaStoria ha rappresentato qualcosa di unico e particolarmente emozionante. Perché unico al mondo, nel senso letterale del termine, è stato il vino protagonista della nostra cena-degustazione. Ed emozionante perché ho avuto l’onore di veder nascere e crescere questo vino nell’azienda Cascina Gnocco di Nino Cuneo e di suo figlio Fabio sin dagli albori, dieci anni fa circa, con ripetute visite in azienda, assaggi dalla botte e considerazioni varie. Il tutto quando il vino non aveva ancora un nome e l'uva di Mornico (come era chiamata allora) non era ancora inserita nell’elenco dei vitigni autorizzati nella provincia di Pavia nonostante sia provata la sua presenza come vitigno autoctono in zona sin dall’Ottocento.

Ora il vino il nome ce l’ha – Orione – e dal 2010, grazie al lavoro congiunto con Laura Rustioni e Osvaldo Failla dell’Università di Milano, anche il vitigno è autorizzato, con il nome di mornasca. In questo post di Roger Marchi trovate maggiori approfondimenti sull’iter che ha portato al recupero di questo vitigno.

Il mio compito, invece, è quello di raccontare la serata del 26 febbraio. Buona presenza di pubblico, ma non il tutto esaurito: sicuramente un’occasione perduta per approfondire la conoscenza del territorio. È stato un grande piacere rivedere Giuliano Pozzi, ex presidente del Consorzio di Tutela Vini dell'Oltrepò Pavese e grande conoscitore delle cose buone del territorio oltrepadano, e il bravo Marco De Tomasi del blog Vitis, che ancora una volta è venuto dal Veneto in Oltrepò Pavese alla ricerca di storie esemplari da raccontare.

Ad aprire le danze non è però l’Orione bensì il Metodo Classico Brut Rosé ottenuto sempre dalla mornasca, un esperimento iniziato nel 2009. Da uve del millesimo 2011, 24 mesi sui lieviti, profumi netti di piccoli frutti rossi – il mirtillo come segno distintivo - e semi di melograno, una bocca robusta e pastosa con un residuo zuccherino avvertibile e la pienezza data da un’uva che non stenta a farsi riconoscere. Abbastanza rustico, se vogliamo, e dunque ben accompagnato al cotechino con sformato di lenticchie rosse.

Si passa poi all’Orione, il vero protagonista della serata. In degustazione abbiamo le annate prodotte con la mornasca del vecchio vigneto dell'azienda: la 2005 affinata in tonneau per un anno e la 2007 e 2008, affinate in parte in acciaio e in parte in legno. Si parte con l'Orione 2008, l'annata attualmente in commercio, e già questo dice molto sulle potenzialità di invecchiamento dell'Orione.

All’assaggio, infatti, sembra ancora fin troppo giovane, con il mirtillo proprio del vitigno, note di tabacco e spezie, anche sentori piacevolmente floreali, il tannino ben maturo ma ancora molto vivo e abbondante, una sensazione complessiva di equilibrio non ancora raggiunto. Tempo al tempo. Piacevole, per quanto azzardato, l’abbinamento con la crema di fagiolini dell’occhio della Lomellina con crostini di pane al burro, freguglie di aringa affumicata e olio extravergine d’oliva.

L’Orione 2007 è parso subito più espansivo, con un frutto più aperto, fragrante, inconfondibile nella sua tipicità, accompagnato da note balsamiche e da una bella speziatura fine; robusto in bocca, pieno, ben evoluto, saldo nel sostegno acido, lungo e preciso nel finale, lascia la sensazione di quei vini che stanno raggiungendo la maturità e la potranno mantenere per diversi anni. Abbastanza preponderante sul buonissimo risotto alla zucca e porcini secchi di Daniela Calvi (applauso in sala).

Ed eccoci all’Orione 2005, all'epoca affinato interamente in tonneau per un anno. Lo riassaggio con curiosità dopo parecchi anni, e lo ritrovo intatto, evoluto certo, aperto in un ventaglio di profumi dove il mirtillo base lascia spazio ad altre, intriganti sfumature di frutti maturi e di erbe aromatiche, la bocca intensa e densa di fascino, armonica, viva, profonda. Degno compare del cinghiale in salmì con polenta.

La bavarese al mandarino con crumble di frutta secca è solo un corollario conviviale che mi permette di dare la parola a Laura Rustioni la quale racconta, con il calore e la passione che le sono propri, la sua storia d’amore con l’uva mornasca e il lavoro che l’ha portata a far emergere, assieme alla famiglia Cuneo, questa nuova realtà di un territorio che non finisce mai di riservare sorprese.

Francesco Beghi

Rinagraziamo Mauro Rossini per le fotografie