Visualizzazione post con etichetta Riccardo Modesti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Riccardo Modesti. Mostra tutti i post

domenica 27 dicembre 2015

Il Riesling Vigna Martina
dell'azienda Ismbarda:
appunti dalla serata
del 25 settembre 2015

Giugno 2012 – settembre 2015: dopo oltre tre anni, per la diciottesima edizione di OltreLaStoria si ritorna da dove abbiamo cominciato, ossia al Riesling Vigna Martina di Isimbarda e al più che mai barbuto e ursino enologo veronese Daniele Zangelmi (oggi affiancato in azienda dal giovane Mauro Suario). All’epoca si doveva ancora mettere a punto la formula delle serate e soprattutto capire se avrebbero funzionato; i 28 presenti ci parvero un inizio promettente. Adesso siamo avvezzi al tutto esaurito con una costante (e premiante) presenza di persone provenienti da altre province: fin qui, dunque, missione compiuta.

Anche questa volta non sono mancati gli ospiti e abbiamo così ritrovato con piacere amici di lunga data di OltreLaStoria, come Alberto Alfano di Slow Food e del blog RieslinGarten, Riccardo Modesti della guida Vini Buoni d'Italia e Filippo Zaffarana, ex delegato AIS di Pavia, oltre ad alcuni produttori oltrepadani come Stefano Calatroni e Antonio Dellabianca.

Daniele Zangelmi ha poi calato l'asso, invitando Giuseppe Vaccarini, oltrepadano di nascita, già presidente dell’AIS (il mio diploma del 2000 porta la sua firma) e prima ancora miglior sommelier del mondo ASI nel 1978, fondatore e attuale presidente dell’ASPI (Associazione della Sommellerie Professionale Italiana). Insieme a Vaccarini, anche Claudio Maspes, docente ASPI.

Ma veniamo ai vini: le annate sono diverse rispetto a tre anni fa (anche perché due non esistevano ancora), con l'unica eccezione del 2007. Si parte con il Vigna Martina 2014, abbinato a un'insalata di lingua con pomodori secchi, pane tostato, capperi e olio extravergine d'oliva, novità 2015 del menu autunnale del Prato Gaio.

Piatto curioso, che va a incastrarsi alla perfezione con l’esuberante acidità del vino, la sua sapidità giovanile, le note balsamiche, agrumate e floreali. Un risultato non facile da ottenere in un’annata disgraziata come si è rivelata il 2014 in Oltrepò.

Il Vigna Martina 2013 parla tutt’altro linguaggio. Pieno e robusto, profumato di fiori secchi, mentuccia e zafferano. Mentre lo degustavo in sala ricordo di averlo definito "statico", suscitando, a fine serata, i rimbrotti di Alberto Alfano, il quale, invitato a prendere la parola, ne ha invece decantato le doti senza riserve.

Va detto che nella degustazione condotta prima della serata in azienda, in un torrido fine luglio, mi aveva convinto molto di più. Come ho avuto modo di scrivere altre volte, il riesling renano, quando inizia a evolvere dopo un paio d’anni di gioventù, attraversa una fase intermedia più o meno lunga alquanto ambigua, e le bottiglie dello stesso vino possono trovarsi differenti e indecifrabili.

Di certo, questo 2013 ha una lunga e prosperosa vita davanti e ha ben battagliato con la spettacolare sfera ripiena di acciughe, ricotta, erbe e pinoli ideata da Patrizio Diana, gastronomo e chef spesso presente (e prezioso) nel dietro le quinte di OltreLaStoria, e chiamata "Le acciughe fanno il pallone" in omaggio a una canzone di Fabrizio De Andrè.

Con il dorato Vigna Martina 2007 si torna su terreni più saldi. Le note fruttate fresche di tre anni fa non sono svanite, si sono semplicemente evolute in qualcosa di più secco; così quelle balsamiche, deviate verso altri sentori più complessi tra i quali è uscito prepotente il cappero, circondato da una vena salmastra molto intrigante e da una mineralità emergente. In questo caso è stato il vino che ha surclassato il delicato risotto con caprino del Boscasso al profumo di lime e timo.

Infine, il Vigna Martina 2006. Il colore è sempre dorato, la bocca sempre piena, ma l’annata più favorevole – così come per il 2005 degustato la volta precedente – ha favorito l’equilibrio. Miele, calore, sole, macchia mediterranea, sapidità – e nerbo acido, sempre, che lascia intuire ulteriori possibilità di evoluzione, visto che l’idrocarburo si avverte appena sul finale. L’arrosto morbido di coniglio di cascina con pere cotte nel suo intingolo era la morte sua. Per questa degustazione ho lasciato la parola a Giuseppe Vaccarini, che ha guidato gli ospiti con il consueto rigore didattico.

Alla fine, un classico del Prato Gaio, la marinà – zuppetta di susine cotte in vino e spezie – e chiacchiere e discussioni protrattesi fino a tarda notte.

Francesco Beghi

Ringraziamo Mauro Rossini per le fotografie


mercoledì 5 febbraio 2014

Il Buttafuoco Bricco Riva Bianca
di Andrea Picchioni:
appunti dalla serata del 15/11/2013

Dopo aver ahimè saltato l’ottavo appuntamento di OltreLastoria per indisposizione, eccomi di nuovo alla barra di comando per la serata dedicata a quel “diavolo d’un Picchioni”, come ebbi a definirlo una volta sulla guida del Gambero Rosso e come lui stesso non ha mancato di ricordare nel corso dell’introduzione.

A differenza di tanti altri giovani vignaioli oltrepadani e non solo, Andrea Picchioni non ha ereditato l’azienda di famiglia ma l’ha fondata di sua iniziativa, a soli 21 anni, nel 1988, con l’indispensabile supporto di babbo Gino, mamma Rosa, della moglie Silvia e, a partire dal 1995, dell’enologo/agronomo “parassita” (la definizione è sua e naturalmente è ironica, dato che i parassiti lui li combatte nel vigneto) Beppe Zatti da Castana.

La serata si preannuncia frizzante, anche se il vino è fermo: 65 persone nonostante la pioggia, con un buon numero di amici che non faranno mancare spunti di discussione. L’ospite a sorpresa è Lino Maga, il Grande Vecchio dell’Oltrepò, l’uomo che ha fatto di Barbacarlo leggenda. La rappresentanza oltrepadana annovera anche Giulio Fiamberti, Franco Pellegrini, Alessandro Torti, Antonella Tacci e Raimondo Lombardi dell'azienda Martilde e la promettente new entry Barbara Avellino. Dai vicini Colli Tortonesi è venuto a trovarci l'istrionico Valter Massa, pioniere della riscoperta del Timorasso, insieme al fido Pigi. Il parterre de rois è completato infine da Fernando Pardini della guida dell'Espresso e del periodico on line L'AcquaBuona, Paolo Camozzi di Slow Wine, Alberto Farinasso di Slow Food, Riccardo Modesti della guida Vini Buoni d'Italia (e recentemente ritornato nella squadra de L'AcquaBuona) e Danilo Gatti di World Wine Passion.

Dopo la presentazione in un duetto alla Gianni e Pinotto con Roger, la parola passa al protagonista. Andrea Picchioni ricorda che il Bricco Riva Bianca, prodotto per la prima volta nel 1995, nasce dalla vinificazione congiunta di croatina, barbera e ughetta di Canneto (detta anche vespolina) raccolte manualmente in un singolo vigneto sugli scoscesi pendii della Valle Solinga.

Il "Picchio" crede fermamente nel Buttafuoco: prodotto solo con uve autoctone e solo in una ristretta area dell'Oltrepò orientale (come abbiamo ricordato in questo articolo), è un vino dalla precisa e inconfondibile identità territoriale. Identità che andrebbe però ulteriormente rafforzata escludendo dalla DOC la versione frizzante. Dopo la (breve) polemica, il momento delle curiosità. Andrea ci dice infatti di essere da qualche anno proprietario della vigna Buttafuoco (nome attestato da un atto notarile del 1861), che - al di là di leggende e fantasiosi aneddoti - potrebbe aver dato il nome alla denominazione.

È‎ tempo di mettere alla prova questo Buttafuoco che negli anni ha ricevuto diversi riconoscimenti, culminati con l'inclusione dell'annata 2009 fra i vini italiani d'eccellenza della Guida dell'Espresso 2014 grazie a una brillante valutazione di 18,5/20. Ed ecco il Bricco Riva Bianca 2009 nel bicchiere: ancora giovane, ha un naso in cui emerge subito la nota balsamica tipica della Solinga, poi frutti di bosco a bacca nera e spezie. Sorprende la levigatezza del tannino rispetto alle edizioni precedenti quando si trovavano in questo stadio giovanile. Ha un architrave di acidità e materia che promette lunga e fruttuosa maturazione per il futuro. Le animelle croccanti di vitello con crema di champignon riscuotono il consueto successo anche se sono un po’ sovrastate dalla forza del vino.

All'arrivo del risotto della Zia Carla con piccione stufato in casseruola il discorso cambia. Il Bricco Riva Bianca 2004 è lo stato dell’arte di questo Buttafuoco. In Solinga è stata una bella vendemmia a differenza che nel resto della zona e si sente. Naso ampio, accattivante, balsamico con sentori di menta e rosmarino, poi una cascata di frutti, dal ribes alla prugna alla marasca, le spezie a corredo; è nitido, preciso, senza sbavature, con bocca armonica, piena, complessa. Lungo nel finale giocato su toni di liquirizia. Bellissimo anche il colore rubino vivo, ha ancora molti anni davanti a sé e l’abbinamento col piatto è semplicemente perfetto.

A questo punto, ci prendiamo un pausa di riflessione con un piatto più neutro, il surbir di ravioli, che si abbina tutto sommato bene al Bricco Riva Bianca 2003. L’annata è stata torrida, ma il clima ventilato della Valle Solinga, con buone escursioni termiche, ha aiutato a mantenere freschezza. Il naso è un po’ statico, il frutto e i sentori balsamici sono presenti ma non in maniera così esplosiva come nel 2004; in bocca è pieno, accattivante, rotondo, non dà segni di stanchezza grazie ad una bella acidità. È al suo meglio anche se probabilmente avrà vita meno lunga rispetto al 2004.

A questo punto siamo pronti per il gran finale. Il Bricco Riva Bianca 1998, la quarta annata prodotta, è servito da bottiglie in formato magnum. Sorprende innanzitutto la tenuta del colore, un rubino brillante solo lievemente virato verso note più aranciate; il naso è naturalmente più evoluto, la componente balsamica di eucalipto è sempre presente, il frutto di bosco tende alla confettura e una nota di goudron è lì a ricordare i quindici anni trascorsi dalla vendemmia. Bello e armonico il tannino, ancora sostenuto il nerbo, ha spalla, è un anziano austero signore dal bel portamento e dal passo saldo ancorché non lunghissimo. La lepre in salmì con polenta ne accompagna alla grande il percorso.

E' il momento degli interventi finali: Valter Massa, animato dalla sua incontenibile verve, se la prende con le istituzioni che non accordano ai piccoli produttori artigiani sufficiente attenzione e tutela, mentre Lino Maga, con la sua proverbiale pacatezza e le sue pause, si complimenta con Andrea per il vino e prende in giro come suo consueto noi degustatori che cerchiamo ogni sorta di profumi dimenticandoci sempre di dire che prima di tutto il vino dovrebbe “sapere d’uva”. Infine, relax e chiacchiere con la zuppetta tiepida di cachi con infusione di cioccolato fondente e gelato alla cannella.
Arrivederci al 2014!

Francesco Beghi

Ringraziamo Mauro Rossini per le foto